mercoledì 21 gennaio 2009

Mariangela Cavani

A CHI PARLA LA FIABA


La fiaba non è un genere adatto ai soli bambini.

Forse è vero che i bambini ne hanno bisogno più di chiunque altro: ce lo ricordano con la loro insistenza, quando chiedono più e più volte che venga ripetuto quel particolare passo, quella particolare fiaba in cui oscuramente si proiettano.
Adorano la ripetizione: le loro mani si contraggono ascoltando la scena paurosa che si scioglie nel sollievo; vogliono toccare e contare i gesti di una prova inverosimilmente faticosa, che assurdamente otterrà il bersaglio; amano la stranezza indicibile di personaggi e situazioni, stagliati su uno sfondo sfumato e meraviglioso.
Certo per loro la fiaba è un mondo generoso, che rende disponibili parole per emozioni ancora incapaci di affiorare e definirsi: angoscia, impotenza, solitudine, sconforto, malinconia, ostilità, desiderio di affermazione. Attraverso la fiaba possono uscire alla luce, avere finalmente un nome.
Ascoltando, il bimbo impara a riconoscere i propri contenuti emotivi, ad accettarli, e soprattutto matura la certezza che la lotta, la resistenza, paga: fatica durissima, ma che apre alla vittoria.

Le fiabe sono una creazione universale, estremamente variegata; ricondurle alle geniali analisi di Propp aiuta a comprenderne la grammatica nascosta, ma forse non l’incanto e il bisogno che ne abbiamo.
Oltre ai bambini, per cui svolgono un ruolo educativo fondamentale, anche a noi adulti sono profondamente necessarie.
Chi di noi, a tratti, non ha bisogno di una voce rassicurante, che lo aiuti a resistere, a lottare?
Come l’eroe della fiaba che raccoglie l’animale ferito, o salva da morte certa il debole che incontra nella foresta, o come l’eroina che sopporta lo strazio della morte della madre e si prende cura dei fratellini, anche noi non possiamo sottrarci al dovere di soccorrere altri esseri e di prenderci a cuore situazioni ingiuste.
L’eroe della fiaba non volge il volto ignavo davanti al dolore, lotta senza risparmiarsi, perché sa che questo è il prezzo necessario per ottenere dignità e vittoria.
Noi adulti siamo tanto più disillusi in un lieto fine che ricompensi i nostri sforzi; eppure sappiamo che ci sono battaglie, fatiche, che valgono la pena di essere combattute di per sé, anche se non danno garanzia della vittoria.
Per questo siamo adulti.
Per questo cerchiamo nella fiaba una delicata speranza che ci incoraggi: forse, nella sua utopia, può esserci qualcosa di vero.
Forse riusciremo a indebolire gli osceni orchi di oggi, a farli almeno indietreggiare, se le nostre energie migliori sapranno allearsi e resistere con determinazione.

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