domenica 21 marzo 2010

BERNARDO PEDRINI


INAUGURAZIONE DELLA PERSONALE







domenica 14 marzo 2010

REALTA' E MAGIA NEL COLORE DEL QUOTIDIANO




di Domenico Pirondini

“Ci si mette molto per diventare giovani” affermava, felice, Picasso.
La realtà che percepiamo è spesso diversissima dalla realtà ottica. I bambini, che non conoscono le regole della prospettiva, sono involontariamente cubisti, disegnando contemporaneamente più facciate delle loro casette e cogliendo, istintivamente, tutte le cose. La realtà cubista comprende, d’altra parte, il fattore tempo, che per la prima volta con il maestro catalano, entra nel linguaggio visivo. L’artista cubista, infatti, si immagina di ruotare fra le mani l’oggetto da rappresentare o se si tratta di una persona, di girarle addirittura intorno. In questo modo egli non coglie più un solo aspetto, limitato, ma diversi, in successione. Da questa dimostrazione mentale, conoscitiva, dell’arte funzionale del primo Novecento, prende le mosse l’esperienza colta e divertente allo stesso modo, di Pedrini, che può gioiosamente scoprirsi giovane dopo anni di intensa attività creativa e didattica.
I soggetti diventano pretesti per la costruzione di un quadro-oggetto, un quadro che “funziona”, cioè che spiega, nella migliore tradizione pedagogica, come si possa insegnare e, giocando, imparare.
Ma il percorso di Pedrini non è lineare. A partire da questi fondamenti, molte sono state le trascrizioni, gli innamoramenti, le assunzioni, gli incroci che trasversalmente hanno accompagnato la sua ricerca. Un vero e proprio “ibridismo”, come aggiunge lui stesso.
Certo, le Avanguardie hanno interrotto la nostra visione della storia come processo successivo e costante, evolutivo per alcuni e rivoluzionario per altri, ma sempre progressivo. In effetti, il tema dell’Avanguardia sfocia in un altro più vasto, quello della mutazione storica che viviamo: la modernità, che peraltro è impaziente, vivace, relativa, mobile. Non più fondata su principi eterni, ma sul tempo e il suo fluire, l’istante, il nuovo, l’incostante, il mortale, le mutazioni, l’irregolarità, l’insolito. Ma l’Avanguardia è solo un aspetto della modernità, poiché quest’ultima comprende non solo rotture, ma anche restaurazioni. Con una certa regolarità appaiono e scompaiono stili che guardano al passato e che confondono il presente.
Pedrini è attento all’arte e ai richiami della storia dell’arte, tuttavia poco gliene importa. Qualcosa lo distrae dalle concettuosità: è l’entusiasmo della scoperta, la sorpresa di una apparizione, l’incanto di uno sguardo, lo stupore di un ritrovamento, il sussulto di una rivelazione, la struggente magia di un
ricordo. Niente malinconie, ma la bellezza né troppo esibita né troppo nascosta di un riappropriarsi
del vissuto, ora nuovo, ora futuro. Dall’arcaismo dell’essenziale alla modernità di un manierismo sperimentale, dunque. I richiami sono lì, tornano, se ne vanno, ritornano, ma Pedrini, nella maturità di una sua poetica, forse non ascolta più, tira diritto con una pratica che ha il sapere del mestiere e la necessità della conservazione dei luoghi. Artiere e ambientalista, invadente costruttore fuori, virtuoso sognatore dentro.
Grattacieli, tour Eiffel, robot, vecchi televisori e moderni telefonini, Obama e Picasso, metropoli, trenini e automobiline, ciminiere, pennelli e curvilinee, strumenti da disegno e meccani, coltelli, bicchieri e suppellettili domestiche, piatti e taglieri, cannucce, bibite, zuppiere, pesci, fondi marini,
onde e cavallucci, matite e sagome infinite, motociclisti e nuvole, mani e gesti… un campionario incontenibile che solo la materia può trattenere.
La materia, i materiali, prima di tutto: carta, cartone, legno, gesso, creta, lamiera, poliuretano, nella frenetica ricerca di un riscatto, di una salvezza dallo spreco consumista dell’oggi, ma anche dalla “poltiglia” del riciclaggio. Un nuovo racconto, un altro essere delle stesse sostanze, con le loro originali qualità, durezze, levigatezze, trame, spessori, opacità, trasparenze…, un’altra storia.
Più interessato al mezzo che al messaggio, quando però la forma è contenuto. Detto con McLuhan,
il medium è il messaggio. La caratteristica del nostro tempo è la ribellione contro gli schemi imposti. Dunque i mezzi, intesi come prolungamenti che la natura ha dato all’uomo per percepire e comunicare, producono conseguenze di ordine psichico e fisico la cui intera portata può essere valutata solo con criteri nuovi, assolutamente spregiudicati. Se i veri effetti dei media non corrispondono più a quelli voluti e programmati, allora i significati psicosociali della comunicazione vanno cercati altrove: nella materia, che si fa nella forma che il contenuto assume entro la sfera d’azione di ogni singolo strumento tecnologico. Per ottenere l’essenzialità delle forme
di cui si diceva, Pedrini si serve di una semplificazione che sa di voluto e forzato primitivismo infantile e che ci ricorda le immagine naive.
Egli sperimenta i materiali per una diversa, ipnotica, demiurgica operazione di recupero.
Le suggestioni di Picasso, Delaunay, Boccioni, Depero, Carrà, le tecniche di scomposizione, simultaneità, spazialità, valorizzazione di nuovi procedimenti quali il collage, il fotomontaggio, “l’oggetto trovato”, hanno portato all’irruzione della realtà nell’opera d’arte e hanno portato Pedrini
lungo un filo diretto, a partire dagli anni Ottanta, al coinvolgimento in un gruppo FUTURE-POP,
dove la Pop-Art ispira più per le qualità fisiche, energetiche e metamorfiche dei materiali o dei prodotti industriali che non per il mito americano della accattivante società massmediatica. La tradizione del nuovo, si potrebbe dire.
Talvolta Pedrini è tentato da ironiche provocazioni neodadaiste, non dire nulla per dire con sarcasmo tutto. Ma resta prevalente una trasfigurazione, sempre figurativa, del quotidiano,
indotto dal suo antico amore per il pezzo di vita negli “oggetti-materiali” che lui preleva dalla memoria, non semplicemente decontestualizzati, ma manipolati e come rigenerati dai ritagli del disegno e dall’intervento sensualmente “caldo” ed emotivo della scultura-pittura. La sua funzione, infatti, è ben più che decorativa, ma capace di legare ed esaltare i frammenti, i relitti inquieti e frusti
oppure garruli e petulanti che emergono dalle acque dell’esistenza.
Il quadro-oggetto invita, pertanto, ad una lettura meramente soggettiva ed emancipata.





FUTURE - POP

di Cinzia Ghioldi

Tutte le cose che appartengono agli aspetti più sfacciati e minacciosi della nostra cultura ossessionata dal benessere e propinataci dai mass media, tutto ciò che odiamo ma ha su di noi un potente impatto le ritroviamo nei lavori di Bernardo Pedrini.
I contenuti si fondano sulla nostra quotidianità, la forzano, ci rispecchiano.
Che Pedrini abbia fatto parte del Futur-Pop è evidente, nel cellu-lare che squilla a rompere il silenzio, nel flash dirompente di una macchina fotografica usa-getta comprata in autogrill, nelle icone nelle televisioni, nei robot assemblati con materiali di scarto che si confrontano coi gessi della Galleria.
Perchè è qui, nella Galleria dei gessi, che il silenzio viene frantumato, l’ordine delle misure viene stravolto.
E’ qui che i colori incombono lucidi nel nostro sguardo.
Ed è qui che ci ritroviamo sommersi nel rombare delle motociclette, nei clacson polifonici, tra palazzi e grattacieli, tra smog e luci elettriche, e ancora, nell’incessante movimento di una città che non dorme mai, che per Pedrini è la Milano degli anni ’80, che ti seduce, ammiccante e poco dopo ti ripudia, quella Milano cantata da Lucio Dalla, quella città di asfalto e angoli di cielo, di caos e nostalgia.
I contenuti estetici soccombono all’immediatezza gestuale prendendo la forma di abbozzo tridimensionale nella pluralità dei linguaggi, dei materiali e delle tecniche, nel loro conseguente aspetto ibrido che avvia lo sviluppo artistico.
Il lavoro dell’artista si alimenta, si sostanzia di questa instancabile ricerca di tecniche intercambiabili, di modulazioni cromatiche nel compiacimento dell’alternarsi di legni,smalti e plastica entro spazi sottili e raccolti dove l’opera vive, si muove anche fuori dalla piena volumetricità.
Il mondo della forma e del colore viene riscattato attraverso la chiarezza compositiva articolando sagome di legno ritagliate, sovrapposte, incastrate dove oscillano ottimismo e disillusione, velocità e staticità, passato e presente, macchina e uomo.
La veemenza con la quale il suo fare si manifesta nel suo nascere rallenta e si placa come i fermo-immagine nei tele-ritratti.
E’ nella televisione, strumento della mediazione e nuovo dittatore in quest’epoca del virtuale, che ritroviamo i nostri idoli, i protagonisti non solo della Storia dell’Arte ma anche delle svolte critiche della realtà come Warhol, Picasso, Dalì, Ligabue e la Kahlo, accanto al presidente Obama.
E l’opera è servita.
E’ esplosa.
Puoi gustarla come una torta nuziale, una finestra, uno schermo o un diaframma posto tra la realtà esistenziale e una nascosta realtà immaginata.


L'OPERA DI BERNARDO PEDRINI

di Enzo Silvi

I nuovi lavori che Pedrini presenta in questa mostra modenese, si pongono su una linea di continuità della sua ricerca precedente, ma la sviluppano verso nuovi contenuti legati all’attualità socio-culturale. Un gruppo di opere riprendono le tematiche della città che sale con grattacieli sempre più alti, con auto e moto che sfrecciano in centro e nelle periferie urbane su nastri d’asfalto ormai invasivi, all’interno di una civiltà urbana inscatolata che l’autore rappresenta con materiali “poveri” dal legno alle resine dipinti a smalto con una vasta, coloratissima gamma cromatica di derivazione pop.
In questi altissimi grattacieli le cui sommità si perdono tra le nuvole, sopravvive l’uomo contemporaneo diventato ormai un robot da fumetto giapponese ma ricostruito con l’iconografia metafisica dechirichiana.
Le tematiche della “città che sale” e della velocità derivano dall’avanguardia storica futurista rivisitata da Pedrini in chiave pop, collegandosi in questo al “ Nuovo Futurismo” movimento nato ed attivo in area milanese nei primi anni ottanta e teorizzato da Renato Barilli. Da sottolineare però che la ripresa delle avanguardie storiche Futurismo e Metafisica viene rielaborata in maniera personale ed inserita in un contesto ludico del tutto originale e tale da suggerire i contenuti morali dell’operazione artistica che diventa sì un’operazione di forte critica sociale ma attualizzata con un linguaggio soft e dalle connotazioni ludiche.
Si spiega perciò anche la ripresa della cultura pop, con le sue tinte piatte, i forti contrasti cromatici, l’uso di materiali popolari, i colori a smalto, l’iconografia del fumetto, la tecnica del retino tipografico. Il legame con la Pop Art si vede in particolare nelle opere più recente dei teleritratti che si rivolgono al mondo della comunicazione visiva diventa un sistema estremamente complesso soprattutto per le implicazioni sociali ed economiche.
Oggi l’universo dei media è dominato dalla televisione diventa il principale strumento d’informazione e veicolo di modelli comportamentali altamente condizionanti sia per le giovani generazioni sia per il pubblico adulto. Tra i vari media la televisione è diventata la principale fonte di informazione e, purtroppo, anche una potentissima fabbrica del consenso. In altri termini è un centro di potere capace di orientare i comportamenti e le idee della gente anche attraverso raffinate e subdole tecniche di persuasione. Non per nulla la televisione è lo strumento preferito dalle industrie per vendere i loro prodotti e dalla classe politica per fare propaganda. In entrambi i casi si tratta di una logica commerciale che di fatto crea una “cultura” povera di capacità critica, schiava dell’apparenza e dell’effimero, veicolo del consumismo. Una logica commerciale che sta alla base anche del successo dei reality show che alimentano la ricerca di visibilità spingendo giovani e vecchi a comportamenti spregiudicati e volgari a volte anche violenti. Una programmazione che esalta anzi esaspera la ricerca della notorietà (se non hai visibilità televisiva non sei nessuno), del successo, della ricchezza da raggiungere con ogni mezzo, senza andare troppo nel sottile e senza scrupoli.
Al posto di veline, letterine, meteorine, grandi fratelli, isole e fattorie, Pedrini invece sceglie una televisione diversa e sullo schermo ci propone modelli comportamentali alternativi portatori di valori ben più costruttivi in vari campi, dall’arte alla politica ed ecco, ad esempio, il geniale Picasso e il Presidente Obama che dallo schermo ci guardano da un fermo immagine che la dice lungasui significati simbolici delle icone contemporanee.
La serie dei teleritratti, dipinti con un tracciato reticolare scompone l’immagine del soggetto e ci restituisce la stessa in chiave pop alla Lichtestein sostituendo ai pixel televisivi i codici segnici della riproduzione tipografica con un rifiuto totale sia dei contenuti che del linguaggio televisivo. Quello di Pedrini si può dunque definire un processo analitico che vuole riposizionare il medium su nuovi e più avanzati territori della cultura e della comunicazione visiva.
In questa direzione la scuola dovrebbe avere un ruolo fondamentale di stimolo per un possibile recupero di tutte le potenzialità educative che un mezzo potentissimo come la televisione, se usato correttamente, potrebbe offrire alla formazione delle nuove generazioni.
Ma per fare questo la scuola dovrà dare agli studenti le capacità critiche di analisi e decodifica dei vari sistemi della comunicazione visiva contemporanea, compito certamente non facile ma non impossibile. Le opere di Pedrini ci indicano una strada percorribile.