presentazione alla mostra di Gennaro Pisco - inaugurazione sabato 5 maggio, ore 17.30 presso la galleria delle Statue in Corso Belle Arti, Modena
di Michele Fuoco
Verità
storiche forse sgradite, imbarazzanti. Scomode ma ricche di problematiche
attuali, soprattutto ora che si celebra il 150esimo anniversario dell’Unità
d’Italia. Le rivela Gennaro Pisco con la parola e con il segno, per la sua capacità
di rigoroso e sistematico ricercatore di storia meridionale e di colto artista.
La parola scritta va di pari passo con l’immagine, in un rapporto nuziale,
affabile. Non è solo la scrittura un inesauribile campo di analisi e di
esperienze. Anche il segno si offre come elemento di conoscenza, perché
efficace nel delineare descrittivamente, pur con variazioni e sottili incroci
di elementi fantastici, i confini di un accadimento, di vicende individuali o
collettive. Vicende riguardanti i Borbone che Pisco intende, almeno in parte,
“riabilitare”, prendendo le distanze dalla denigratoria propaganda
post-risorgimentale e dall’iconografia ufficiale.
Il
ricercatore-artista napoletano più che avanzare ipotesi, ama ricostruire fatti
realmente accaduti. Diventa irriverente nei confronti della maggior parte della
storiografia protocollare, celebrativa, antiborbonica, nel segnalare episodi
che si caratterizzano per aspetti umani, eroici, non privi di garbata ironia
che sa di giocosa benevolenza.
Il
lavoro di “revisione” che il lo studioso napoletano conduce da una ventina
d’anni tende a ricostruire e a raccontare cose su cui altri hanno taciuto,
rivendicando l’autenticità di “pagine” di una storia diversa che, in ogni caso,
occorrerebbe giudicare con rispetto. Pagine che si sostanziano, in questa
occasione espositiva, soprattutto del segno che, come evidenza strutturale
dell’immagine, dà certezza di figurazione, per sostenere una maggiore
conoscenza dei fatti. Il segno, che nutre l’acquaforte e acquatinta, ma anche
la xilografia, si fa recupero storico, individuando e mantenendo vivo il reale
tessuto delle vicende passate, e evidenziando la coscienza di un impegno di
ricerca storica, anche corale, che Pisco porta avanti con scrupolosità di
attento studioso per un coerente senso di verità.
La
lunga consuetudine con il segno, capace di determinare presenze di eccezionale
nitidezza, consente all’artista una folgorante corrispondenza tra l’idea e il
suo incarnarsi nell’immagine che assume una sua distinta fisionomia nel
rappresentare una nuova proposta di civiltà e nell’affermare la cultura della
libertà di ricerca che, in questo caso, fa luce su episodi sconosciuti del
Risorgimento visti attraverso la “storia dei vinti”.
“La
mostra – sostiene Pisco – è uno scavo nella storia occulta del nostro
Risorgimento. Scavare è portare alla luce pagine di storia che nessun artista
dell’Ottocento ha potuto narrare per motivi di repressione politica.
Pagine
oscure, che dal punto di vista storiografico aspettano ancora la verità”. E al
segno, come pratica d’arte mai decaduta a semplice esercizio estetico, viene
affidato, per sua natura diretta, il compito di presa immediata sul dato di
verità. Una sorta di riconoscimento critico può essere, quindi, attribuito al
disegno che è fondamento di tutta l’esperienza estetica ed umana dell’autore.
Per formazione e per vocazione. Infatti Gennaro Pisco (Napoli 1945) è docente,
da molti anni, di arte della grafica
pubblicitaria all’Istituto d’Arte “Adolfo Venturi” di Modena. Fondamentale la lezione
di Nicola Gambedotti, dal quale ha appreso presso l’Istituto d’Arte “F.
Palazzi” di Napoli la tecnica della xilografia; ma anche l’insegnamento della
pittura di Armando De Stefano, docente di pittura all’Accademia di Belle Arti
del capoluogo campano. Il suo debutto sulla scena espositiva nel 1986 avviene
come xilografo, con la mostra “L’alchimia come rimorso. La scienza tradita”
presso il Centro Studi Muratori di Modena. Seguono partecipazioni ad altre
rassegne al Castello dei Pio di Carpi che privilegiano la xilografia.
Il
disegno, come evidenza immediata di anatomia analitica, sarà sostanza delle 120
caricature che Pisco fa dei suoi colleghi, docenti all’Istituto Venturi, nella
mostra “Se la memoria non m’inganna”, nel 2009, presso lo “Spazio Venturi” di
Modena. L’attuale esposizione, costituita da incisioni, presso il Centro
Museale “Casa Quaranta”, (sec. XIV), al Campo di Giove (L’Aquila) legittima
ancora una volta il valore autonomo dell’esperienza disegnativa. “Anche se i
temi trattati nelle tre “personali” sono diametralmente opposti, come visione
concettuale e culturale, essi sono uniti
– continua l’artista – da un valore unico: il segno. La mostra
sull’alchimia evidenza una ricerca nel mondo dell’occulto, del simbolo, nei
rituali “misteriosofici” dell’iniziato. Quella della caricatura è indagine sui
tratti somatici dell’uomo che, dice G. Battista Della Porta, sono “lo specchio
dell’anima”. Indagine nella psiche umana, nei meandri più oscuri delle passioni
che agitano l’animo umano, e della personalità”.
Con
la mostra a Campo di Giove l’artista pare interrogare i luoghi, i personaggi ai
quali conferisce possibilità narrative
in un segno forte nel risultato, nelle luci, nel racconto realista e
fantasioso, proprio di un disegnatore puntiglioso, caldo interprete di
tematiche imbarazzanti su cui
molti
hanno preferito e preferiscono tacere. E l’opera punta a restare testimonianza
in modo definitivo di un tempo “oscuro” in cui il segno di Pisco riesce ad
aprire porte di comunicazione e di illuminazione, per accedere ai segreti più
reconditi.
Si
delinea un percorso entro varie problematiche storiche che una mostra non può
esaurire. Per questo l’artista concepisce il suo lavoro come “work in
progress”. Nel senso che alle opere presentate in questa esposizione si
aggiungeranno, nel tempo e nelle prossime rassegne, altre incisioni di vigile
controllo mentale per una più efficace adesione ad un realtà viva, passata per
molti decenni, deliberatamente, sotto silenzio. Anche il linguaggio grafico,
come la ricerca “trasgressiva” del cultore di storia, passa attraverso un
processo di rottura della sfera convenzionale, rinunciando alla rigidità di
rappresentazione e sostenendo un criterio di selezione dell’immagine per un
rilevamento dentro una rete ampia di punti di osservazione, di rapporti, di
vita pulsante, di nuovi orizzonti. In questo Pisco riconosce la propria vera
identità di artista, un’arte come desiderio e speranza di verità.
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