domenica 14 marzo 2010

FUTURE - POP

di Cinzia Ghioldi

Tutte le cose che appartengono agli aspetti più sfacciati e minacciosi della nostra cultura ossessionata dal benessere e propinataci dai mass media, tutto ciò che odiamo ma ha su di noi un potente impatto le ritroviamo nei lavori di Bernardo Pedrini.
I contenuti si fondano sulla nostra quotidianità, la forzano, ci rispecchiano.
Che Pedrini abbia fatto parte del Futur-Pop è evidente, nel cellu-lare che squilla a rompere il silenzio, nel flash dirompente di una macchina fotografica usa-getta comprata in autogrill, nelle icone nelle televisioni, nei robot assemblati con materiali di scarto che si confrontano coi gessi della Galleria.
Perchè è qui, nella Galleria dei gessi, che il silenzio viene frantumato, l’ordine delle misure viene stravolto.
E’ qui che i colori incombono lucidi nel nostro sguardo.
Ed è qui che ci ritroviamo sommersi nel rombare delle motociclette, nei clacson polifonici, tra palazzi e grattacieli, tra smog e luci elettriche, e ancora, nell’incessante movimento di una città che non dorme mai, che per Pedrini è la Milano degli anni ’80, che ti seduce, ammiccante e poco dopo ti ripudia, quella Milano cantata da Lucio Dalla, quella città di asfalto e angoli di cielo, di caos e nostalgia.
I contenuti estetici soccombono all’immediatezza gestuale prendendo la forma di abbozzo tridimensionale nella pluralità dei linguaggi, dei materiali e delle tecniche, nel loro conseguente aspetto ibrido che avvia lo sviluppo artistico.
Il lavoro dell’artista si alimenta, si sostanzia di questa instancabile ricerca di tecniche intercambiabili, di modulazioni cromatiche nel compiacimento dell’alternarsi di legni,smalti e plastica entro spazi sottili e raccolti dove l’opera vive, si muove anche fuori dalla piena volumetricità.
Il mondo della forma e del colore viene riscattato attraverso la chiarezza compositiva articolando sagome di legno ritagliate, sovrapposte, incastrate dove oscillano ottimismo e disillusione, velocità e staticità, passato e presente, macchina e uomo.
La veemenza con la quale il suo fare si manifesta nel suo nascere rallenta e si placa come i fermo-immagine nei tele-ritratti.
E’ nella televisione, strumento della mediazione e nuovo dittatore in quest’epoca del virtuale, che ritroviamo i nostri idoli, i protagonisti non solo della Storia dell’Arte ma anche delle svolte critiche della realtà come Warhol, Picasso, Dalì, Ligabue e la Kahlo, accanto al presidente Obama.
E l’opera è servita.
E’ esplosa.
Puoi gustarla come una torta nuziale, una finestra, uno schermo o un diaframma posto tra la realtà esistenziale e una nascosta realtà immaginata.


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