venerdì 27 febbraio 2009

MATTIA SCAPPINI E' IL SECONDO OSPITE DELLA GALLERIA DELLE STATUE




Con la bellissima mostra dedicata a Mattia Scappini prosegue l'iniziativa di esporre al pubblico alcune delle personalità artistiche più interessanti operanti all'interno del "Venturi". Per una presentazione critica dell'artista, vedi l'intervento successivo: "Lo sfondo senza il protagonista - Riflessioni sull'opera di Mattia Scappini"











sabato 14 febbraio 2009

LO SFONDO SENZA IL PROTAGONISTA

Riflessioni sull’opera di Mattia Scappini 

 di Franco Morselli 

 Il secondo avvenimento che la galleria delle statue ospita è la mostra dedicata a Mattia Scappini. Così come per la precedente mostra di Cinzia Ghioldi, anche per Scappini non tenterò una presentazione nel senso tradizionale del termine, ma cercherò di delineare il modo con cui anche la sua opera si inserisce in questa serie di eventi che costituiscono l’esordio dell’associazione Via delle Belle Arti, e di coglierne l’aspetto emblematico che lega anch’essa, come quella della precedente artista, alla galleria ove l’evento ha luogo. Il medium di Scappini è il materiale più tradizionale, e più ricco di stratificate suggestioni, che anche oggi, dopo tanto sperimentalismo, la pittura possa offrire: l’olio su tela. Le dimensioni sono insolitamente vaste, ma i soggetti rappresentati appaiono così solari, così immediatamente godibili nella loro luce e nelle loro sterminate campiture di colore che è quasi scontato immaginarle esposte, oltre che in una affermata galleria, sulla parete più importante di una raffinata abitazione. Immediato e naturale è il riferimento, di prammatica in ogni commento artistico che voglia apparire come tale, ad un movimento storico di cui ci si vanti di ben conoscere i confini. Immediata e naturale è però anche, alla fine, la motivazione più profonda in cui queste prospettive quasi paniche ci trascinano, la scelta caratterizzante che paradossalmente nasconde in sé, tra tanta luce, la sua zona d’ombra originaria. Per Scappini, come per il su accennato movimento a cui immediatamente il pensiero corre, la zona d’ombra intorno alla quale ruota il tutto della manifesta solarità è l’enigma. L’enigma e la domanda non sono la stessa cosa. L’enigma è la forma stessa della domanda tanto astratta dal proprio contenuto da non presupporre neppure la risposta, data per scontata al momento della formulazione stessa del quesito. L’enigma è scatola vuota, confezione di un giocattolo che può tutt’al più divertire, è il semplice punto interrogativo applicabile ovunque e comunque. Ma proprio come eterna ed indeterminata forma interrogativa l’enigma attende, apparentemente impassibile, il contenuto che lo riempia. È lo scotto richiestoci dalla Metafisica, il biglietto da pagare che ci vincola ai suoi miglior prodotti. Sarebbe qui inutile e pesante tentare di tracciare una esegesi di questo complesso movimento artistico. Ma ci sono due nomi, non immediatamente connessi con esso, sui quali mi vorrei soffermare un attimo. Uno è l’italianissimo Aldo Rossi. Nelle sue architetture, ma soprattutto nei suoi disegni, i presupposti della scuola giungono ad una consapevolezza, e a una determinazione tale, da volersi proporre a livello di città reale. Ma la città di Rossi, cogliendo dell’umanesimo, e della tradizione italiana in genere, solo ciò che è lettera morta, cioè il puro muro che già attende, nella sua solitudine, di divenire rovina e archeologia, non fa che opporsi, con forza disperata e aristocratica, e quindi già in partenza sconfitta, al processo di lunaparkizzazione del mondo dell’architettura hi tech. I suoi brani di città, e qui già si delinea la vera domanda che stiamo tentando di formulare, non presuppongono l’uomo. L’uomo, se così lo possiamo chiamare, è lasciato alle ludiche ingegnosità del meccanicismo tecnologico. Alla morte entomologica per numero, Rossi oppone la morte per assenza. Il secondo personaggio gravita nell’ambiente tedesco della nuova oggettività. Le periferie industriali, geometriche e disabitate, di Karl Voelker ricordano da vicino le rigorose fughe prospettiche di Scappini. Anche Voelker ha lavorato come architetto. Ma ciò che lo rende immediatamente paradigma del significato, e della domanda, di cui siamo in cerca, è il doppio canale seguito nella sua produzione di pittore. Il contraltare dei suoi muri di cemento è lo stesso Cristo. Voelker è sostanzialmente un pittore religioso che spesso indugia sull’analisi minuziosa di periferie disabitate e inabitabili. Cristo, l’uomo assoluto, e il liscio muro di cemento, il muro assoluto, riempiono la sua opera ma non si incontrano mai. Come in Rossi e in Voelker, anche in Scappini il muro non è che un "costruito", participio passato agito da un soggetto arretrato davanti al proprio operare. Un’insistente assenza accomuna le tre personalità. Una mano ha eretto manufatti, ma se ne è ritratta come se se ne vergognasse, come se preferisse relegarli in una dimensione parallela, o successiva, quella appunto della metafisica, come se volesse esiliare gli oggetti, o forse se stessa, oltre al mondo della physis, delle leggi, e delle responsabilità. È questa insistente assenza la zona d’ombra, l’enigma fuoriuscito dalla propria forma astratta, domanda che esige una risposta. Un filo sottile lega la prima e la seconda mostra di Via delle Belle Arti. Là, con Cinzia, assistevamo alla problematica nascita della personalità. Qua, con Mattia, ci muoviamo in un mondo al quale, della personalità, resta a malapena il ricordo. Lo sfondo senza protagonista ha soppiantato il protagonista senza sfondo, dando finalmente corpo alla domanda vera, l’unica: dov’è l’uomo? Caratteristica dell’enigma sarebbe, per Hegel, la conoscenza della risposta da parte di chi l’ha formulato. Potrebbe darsi che a ciò ambisse la Metafisica, a un sottile e un po’ retorico gioco di conoscenze alluse. Credo invece che la domanda appena formulata non solo non abbia ancora una risposta, ma sia addirittura in attesa di chi la prenda in considerazione. Un’ultima riflessione: non ho parlato dell’opera di Scappini in termini formali, e non ne ho neppure descritto il personaggio. Mattia Scappini si presenta benissimo da sé sull’elegante ed esauriente blog scappini.blogspot.com, così come le sue opere parlano, come già ho accennato, un linguaggio chiaro e solare capace di coinvolgere immediatamente. È , avrebbero detto i vecchi critici, artista di razza. Ha la stoffa, e lo rivela alla prima occhiata. Ho invece accennato alle pieghe nascoste che si celano sotto la superficie e alle quali, forse, le impulsive irregolarità della sua pennellata più o meno volontariamente alludono. È l’aspetto migliore della pittura, dell’arte in genere, il continuo rimando da una vicinissima realtà sensibile a tutte le forme dell’assoluto che riusciamo a immaginare. È un effetto palestra delle mostre d’arte che non va sottovalutato: è la ginnastica che deve tenere all’erta le nostre menti. L’entità geometrica del muro ci ha rimandati al Cristo, e dall’incontro–separazione dei due siamo risaliti alla domanda: il "dov’è" che ha sostituito oggi il "cos’è" che sembrava eterno. Per la seconda volta si incontrano, nella galleria delle statue, due istanze apparentemente inconciliabili: la domanda assoluta che ci poniamo oggi e il corpo assoluto che nel contorcersi o rilassarsi della statuaria classica pretendeva, irraggiungibile illusione, di risolvere il cos’è nella bellezza pura. Tra le grandi scenografie deserte di Mattia Scappini e l’immobile certezza della corporeità olimpica permane, per noi visitatori, lo spazio tutt’altro che angusto dell’interrogativo e della conseguente riflessione. Saprà, Mattia Scappini, giovane e già smaliziato artista, eludere a lungo la risposta alla domanda che lui stesso così insistentemente ha posto?

domenica 1 febbraio 2009

SABATO 24 GENNAIO ORE 18: un evento storico














Le foto seguenti documentano l'inaugurazione della mostra dedicata all'opera pittorica e di animazione cinematografica di Cinzia Ghioldi. L' inaugurazione ha avuto luogo Sabato 24 Gennaio presso la Galleria delle Statue sita in Corso Belle Arti n. 10. E' la prima volta che l'Istituto d'Arte A. Venturi dedica una mostra all'attività svolta da uno dei suoi docenti. Per le implicazioni critiche e culturali che tale iniziativa comporta (a cui si fa riferimento nell'intervento sul presente blog "Via delle Belle Arti" - il luogo e l'intento), in ambito cittadino l'evento può a tutti gli effetti essere considerato storico.